Federica Fazio (Dottoranda presso la Dublin City University)

Se l’Italia e la Francia ratificassero oggi il Trattato della Comunità Europea di Difesa (CED) del 1952, la CED non comporterebbe un distacco dagli Stati Uniti (USA) e dall’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico (NATO). Al contrario, favorirebbe una maggiore complementarità tra le due organizzazioni e contribuirebbe a promuovere l’integrazione europea della difesa. La CED permetterebbe agli europei di assumersi maggiori responsabilità per la propria difesa, rafforzando al contempo la clausola di difesa collettiva della NATO, in linea con l’obiettivo di un’autonomia cooperativa all’interno dell’Alleanza.

Come affermato nell’Articolo 5 del Trattato della CED, questa comunità sovranazionale “collaborerà strettamente con l’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico”. Secondo l’Articolo 18 del Trattato, il Comandante Supremo Alleato della NATO (SACEUR) avrebbe l’autorità di verificare che le Forze di Difesa Europee (FDE) siano adeguatamente organizzate, equipaggiate, addestrate e pronte all’uso. Salvo nei casi di difesa interna (Art. 18.3), tali forze sarebbero a disposizione del SACEUR, che potrebbe presentare richieste di impiego alla CED (Art. 18.1). In tempo di guerra, il SACEUR avrebbe pieno comando sulle FDE (Art. 18.2).

Il Generale Christopher Cavoli, attuale SACEUR e Comandante del Comando Europeo degli Stati Uniti, ha osservato al Forum Pubblico della NATO a luglio che il concetto di Dissuasione e Difesa dell’Area Euro-Atlantica (DDA) e la nuova serie di piani per operazioni di deterrenza e difesa su larga scala hanno modificato le modalità con cui vengono concessi i poteri del SACEUR in tempo di pace. Ad esempio, ora ha l’autorità, nella fase che precede un conflitto, di dispiegare forze per dissuadere aggressioni e garantire prontezza di risposta nel caso in cui venga invocato l’Articolo 5 del Trattato Nord Atlantico (NAT). Questi piani definiscono inoltre requisiti specifici per la struttura delle forze. Per soddisfare tali requisiti, il Vice Comandante Supremo Alleato in Europa (DSACEUR) ha chiesto agli alleati di specificare quali risorse militari potrebbero impegnare per la NATO in caso di guerra totale, senza riservarle per l’uso nazionale. Sebbene molti alleati abbiano promesso l’intera struttura delle loro forze, permangono lacune logistiche e operative. Le FDE potrebbero svolgere un ruolo fondamentale nel supportare i piani e colmare queste lacune.

Inoltre, come il Trattato NATO, il Trattato della CED include una clausola di difesa collettiva. L’Articolo 2.3 del Trattato afferma: “Qualsiasi aggressione armata contro uno degli Stati membri in Europa o contro le Forze di Difesa Europee sarà considerata come un attacco diretto contro tutti gli Stati membri. Gli Stati membri e le Forze di Difesa Europee forniranno allo Stato o alle Forze così attaccate tutto l’aiuto e l’assistenza militare e di altro tipo in loro potere”.

L’articolo sembra contenere elementi dell’Art. 5 del Trattato NATO, ma le obbligazioni previste sono in parte più stringenti. Analogamente all’Art. 5 del Trattato NATO, la clausola afferma che “un’aggressione armata contro uno degli Stati membri…sarà considerata come un attacco diretto contro tutti”. Tuttavia, la norma parla di “aggressione armata” e non di “attacco armato”. Pertanto, l’ambito delle azioni che potrebbero attivare la clausola di difesa collettiva della CED sarebbe, almeno in teoria, più ampio rispetto a quello che attiverebbe la clausola di difesa collettiva della NATO. Inoltre, mentre l’Art. 5 NAT “prevede un obbligo vincolante di risultato, da raggiungere attraverso diversi mezzi, inclusi ma non limitati all’azione militare”, l’Art. 2.3 del Trattato della CED comprende espressamente mezzi sia militari che non militari di assistenza, impegnando i suoi membri a un obbligo di mezzi piuttosto che di risultato.

Inoltre, l’espressione “in Europa o contro le Forze di Difesa Europee” sembra implicare che le parti del Trattato della CED siano vincolate alla difesa collettiva anche per attacchi contro le loro forze armate schierate al di fuori dei territori europei degli Stati membri. In particolare, l’Art. 120.2 del Trattato della CED stabilisce che le FDE potrebbero essere dispiegate nei territori inclusi nell’area definita dall’Art. 6 del Trattato NATO (120.2 a), nonché in scuole, centri di addestramento e altre strutture della CED situate in quell’area e in Africa a nord del Tropico del Cancro (120.2 b). Questa decisione sarebbe presa dal Consiglio della CED, previa consultazione con il Consiglio Nord Atlantico (NAC) e con l’accordo del SACEUR. Inoltre, gli Artt. 1 e 2 del Protocollo sulle Garanzie di Assistenza degli Stati membri della Comunità agli Stati Parti del Trattato del Nord Atlantico prevedono garanzie reciproche di sicurezza tra queste due alleanze difensive. Pertanto, si può ragionevolmente dedurre che l’ambito geografico della clausola di difesa collettiva della CED non sarebbe limitato all’Europa, ma potrebbe estendersi anche all’area della NATO, rafforzando così la NATO e la sua garanzia di sicurezza.

La riattivazione del Trattato della CED potrebbe inoltre giovare alle relazioni con il Regno Unito. L’Articolo 1 di un trattato separato concluso tra la CED e il Regno Unito, che all’epoca non desiderava far parte della CED, afferma che: “Se, in qualsiasi momento mentre il Regno Unito è parte del Trattato del Nord Atlantico, un’altra Parte del presente Trattato che in quel momento sia membro della Comunità Europea di Difesa, o delle Forze di Difesa Europee, fosse oggetto di un attacco armato in Europa, il Regno Unito, in conformità con l’Articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fornirà alla parte o alle forze di difesa così attaccate tutto l’aiuto e l’assistenza militare e di altro tipo in suo potere”. L’importanza di questo articolo non dovrebbe essere sottovalutata nell’era post-Brexit.

Come recentemente sottolineato da Sloan, nel 1954 “Il fallimento della CED garantì virtualmente che gli Stati Uniti sarebbero rimasti la forza dominante nella guida della difesa occidentale contro l’Unione Sovietica” e che la difesa europea sarebbe rimasta in gran parte intergovernativa. Una ripresa del Trattato oggi permetterebbe all’Europa di avanzare finalmente nel processo di integrazione della difesa europea, promuovendo una distribuzione più equa degli oneri e una maggiore complementarità con la NATO.