Davide Genini (Dottorando in Diritto Europeo e della Sicurezza Europea presso la Dublin City University)

L’Unione Europea (UE) ha una Politica di Sicurezza e di Difesa Comune (PSDC). L’assetto giuridico della PSDC, così come definito dal Trattato di Lisbona, definisce la capacità operativa dell’UE nel condurre missioni civili e militari al di fuori dei suoi confini, con l’obiettivo principale di rafforzare la sicurezza internazionale e sostenere i principi della Carta delle Nazioni Unite. Sebbene la PSDC costituisca, tecnicamente parlando, una competenze dell’UE (Art. 2(4) TUE), essa rimane saldamente una materia di “alta politica” che gli Stati membri sono non sono disposti a trasferire all’UE allo stesso livello di, inter alia, la politica monetaria e l’unione doganale. Di conseguenza, la PSDC rimane governata da “norme e procedure specifiche” che la differenziano dalle altre politiche dell’UE (Art. 24(1) TUE). Il contesto geopolitico sempre più schizzofrenico ha evidenziato l’urgenza di stabilire una vera Unione di Difesa Europea (UDE). Tuttavia, l’UE non disponde della forza politica e degli strumenti giuridici necessari per completare la propria trasformazione in una UDE a causa dei seguenti tre ostacoli legali.

In primis, l’assetto intergovernativo di governance. Qualsiasi azione nell’area della PSDC richiede un accordo unanime tra i ministri della difesa degli Stati membri all’interno del Consiglio, così sottraendo rapidità di risposta agli shock esterni. In particolare, il passaggio da voto all’unanimità a maggioranza qualificata all’interno della PSDC è tassativamente escluso dal Trattato (Articoli 31(3) e 48(7) TUE). La Commissione Europea non ha alcuna autorità nel settore della difesa, mentre l’Alto Rappresentante non detiene il mandato né i poteri di un vero Ministro della Difesa, lasciando l’UDE senza bussola politica. L’UE non possiede risorse militari indipendenti, ma dipende dagli armamenti che gli Stati membri mettono a disposizione di volta in volta (Art. 42(1) TUE). L’UE non dispone di una struttura permanente e completamente operativa di Comando e Controllo (C2) per operazioni militari su larga scala oltre i suoi confini. L’attuale Capacità Militare di Pianificazione e Condotta (CMPC) è stata progettata per gestire missioni non-esecutive limitate nel tempo e nello spazio. 

Con l’attuale architettura normativa, la creazione di un esercito comune europeo richiede l’approvazione unanime di tutti i ventisette Stati membri a livello di Capi di Stato o di Governo nel Consiglio Europeo (Art. 42(2) TUE). Questo processo si fonda, pertanto, su un difficile allineamento di divergenti preferenze politiche e priorità strategiche – comprese quelle degli Stati neutrali – con il riconoscimento condiviso che la difesa dell’Europa è, nella sua essenza, una responsabilità europea, e non nazionale o transatlantica, ai sensi della clausola di mutua difesa ex Art. 42(7) TUE. Tuttavia, anche laddove tale consenso fosse raggiunto, un ulteriore ostacolo procedurale resterebbe: la ratifica da parte di ogni Stato membro in conformità con i propri requisiti costituzionali. Ciò comporta tipicamente l’approvazione parlamentare e, in alcuni casi, referendum pubblici, così aggiungendo un ulteriore livello di complessità alla formazione di una difesa comune europea unificata.

In secundis, la mancanza di legittimità democratica. Il Parlamento Europeo (PE) è l’unica istituzione direttamente eletta dell’UE e incarna il nucleo democratico dell’Unione. Sebbene i poteri del PE siano aumentati attraverso le varie fasi di integrazione europea, esso non detiene ancora un ruolo sostanziale nel governo della PSDC perchè sottoposto a “norme e procedure specifiche” (Art. 24(1) TUE). Il PE non ha né l’autorità legislativa per avviare o approvare le decisioni PSDC, né poteri di supervisione efficaci, se non limitate consultazioni con l’Alto Rappresentante, occasionali raccomandazioni al Consiglio (Art. 36 TUE), e risoluzioni non vincolanti. Inoltre, il PE esercita un’influenza minima sulle regole di spesa della PSDC all’interno del ‘Quadro Finanziario Pluriennale UE’, poiché la maggior parte delle spese della PSDC sono gestite attraverso meccanismi posti esterni al bilancio UE.

In tertiis, la scarsa capacità finanziaria. L’articolo 41(2) TUE proibisce l’uso del bilancio generale dell’UE per scopi militari, richiedendo strumenti alternativi. Attualmente, le azioni militari sono finanziate tramite il Fondo Europea per la Pace a latere del bilancio UE, in cui gli Stati membri mantengono piena discrezione sulla tempestività, l’importo e la destinazione degli investimenti nel campo della difesa. Nel frattempo, il bilancio generale dell’UE – limitato alle missioni civili – assegna solo 2,5 miliardi di euro alla PCSD per il periodo 2021-2027, uno degli importi più bassi fra le politiche dell’Unione. In questo contesto, si deve anche rammentare che gli Stati membri dell’UE arrivano da tre decenni di sotto-investimento nella difesa. La maggior parte di essi non ha mai raggiunto l’obiettivo di spesa per la difesa pari al 2% del PIL, una situazione solo parzialmente migliorata a seguito dell’invasione su larga scala della Russia contro l’Ucraina nel 2022. La spesa aggregata per la difesa nell’UE è circa un terzo di quella degli Stati Uniti, e l’industria della difesa europea risulta frammentata, inutilmente duplicativa, e mancante di interoperabilità, con i produttori europei che producono oltre venti modelli di carri armati rispetto al singolo modello utilizzato negli Stati Uniti. Sebbene l’emissione di debito comune a livello Europeo rappresenterebbe uno strumento decisivo al fine di allineare le finanze dell’UE con le nuove priorità di sicurezza ed essere seriamente competitivi con gli Stati Uniti, ciò richiederebbe una decisione unanime da parte degli Stati membri, che rimane politicamente irrealizzabile a causa della forte opposizione degli Stati “frugali”.

In conclusione, l’UE è oggi giuridicamente incapace di stabilire una vera Unione di Difesa Europea. Sebbene la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen abbia nominato il Commissario per la Difesa e lo Spazio per la prima volta nell storia e incaricato il nuovo Alto Rappresentante di costruire una vera UDE, l’UE manca dei fondamentali necessari – governance centralizzata, legittimazione democratica e risorse finanziarie sufficienti – anche solo per considerare la possibilità di imbastire una difesa comune embrionale.